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  • italia, treviso
  • progetto:
    luciano giorgi, liliana bonforte, marina dallera con/with andrea baselli, andrea rubini e alberto scorletti
  • 2008

fabrica benetton
concorso a inviti
costruzione di alloggi per studenti


L’edificio si trova al centro di uno spazio aperto e indifferenziato tipico di pianura, senza elementi preponderanti, contesto ideale per un’architettura in continuità con l’ambiente naturale.
A pianta rettangolare, disposto su due livelli, è chiuso su tutti i lati da un rivestimento verde di varie essenze rampicanti, che gli conferiscono un carattere mutevole a seconda delle stagioni.
L’intento è quello di creare un’architettura non riconoscibile al primo sguardo, la cui facciata verde sia sfondo neutro, quasi a voler moltiplicare l’idea di vuoto, di spazio verde, di giardino.
Un programma architettonico che diventa pretesto per un nuovo “giardino contemporaneo”; un enorme blocco verde, quasi una scultura di arte topiaria; un’architettura - giardino, circondata da un giardino, in cui potersi identificare facilmente nel rispetto per la natura.

L’accesso all’edificio avviene dal lato nord, superato il parcheggio esistente.
Tutti i collegamenti sono volutamente diretti, semplici, quasi essenziali: una grande rampa percorribile anche in auto porta direttamente dal parcheggio al piano terra dell’edificio, posto ad una quota leggermente sottoposta rispetto al piano di campagna, così da rendere preponderante il peso del volume verde soprastante. Un percorso alternativo parte dall’ingresso al piano terra e come un nastro molle si incunea sinuoso nel parco della villa; diventa magico sentiero da percorrere lentamente a piedi o rapidi in bicicletta, immerso in un vero bosco d’incanto dove strutture in ferro rivestite in feltro e poi lasciate contaminare da essenze arboree rampicanti rimandano ad immagini di alberi stregati.

Il primo impatto è quello di un grande volume verde di 52mx30m, con un’altezza di 7,50m, in realtà si tratta di un volume effimero, dove gli spazi costruiti si riducono ai pochi elementi in cui si svolgono le funzioni essenziali del dormire e del mangiare, che risolvono l’esigua volumetria sfruttabile. Tutto il resto è fatto di spazio aperto, luce, natura e di ciò che occorre di volta in volta per stare bene in collettività.
La proposta è quella di una “no-architecture” , uno spazio non condizionante, dove non è l’edificio ad essere protagonista, ma il suo fruitore, un contenitore di vita e di creatività, capace di cambiare di volta in volta a seconda delle esigenze e delle abitudini di chi lo usa.
Al piano terra quattro elementi compatti in cemento posti sui lati lunghi del perimetro e compressi da una grande soletta di copertura, contengono le venticinque camere con le porte di accesso dirette sullo spazio aperto coperto. Oltre ad essi, a definire una spazialità altrimenti lasciata volutamente libera e vuota, solo una grande scala ed un volume che contiene l’ascensore-montacarichi, ovvero gli elementi di connessione con il piano superiore.
Questo è in realtà il vero spazio protagonista del progetto: concepito come un enorme dehor, che restituisce allo spazio naturale la proiezione esatta sottrattagli dal costruito , è il vero elemento collettivo dove ci si incontra, si discute, ci si scambiano le idee, si pranza tutti insieme, si gioca, ci si rilassa, insomma, dove si sviluppa il talento creativo.
Un volume vetrato contenente la cucina con i suoi servizi ed un living con camino, rappresenta l’unica volumetria definita, ombreggiata da una grande copertura ellittica, evocazione per proporzioni e forma del vicino progetto di Tadao Ando.
Tutto il resto è concepito come un allestimento ludico, mutevole e flessibile, talvolta provvisorio e sostituibile: un pattern e uno slogan preso a prestito dal repertorio iconografico di Fabrica, come un grande tappeto posto a lato del living, di cui diventa continuazione ideale, è il salotto all’aperto, il punto d’incontro e aggregazione; poi, una lunga vasca d’acqua in lamiera, da montare e smontare, è la piscina per i mesi estivi, volumi cubici sono stanze aperte in cui rifugiarsi, per parlare o isolarsi e magari godersi il paesaggio, e ancora, elementi tensostrutturali per aggiungere ambienti chiusi quando il clima o le esigenze contingenti lo richedono, canestri per giocare a basket, reti per giocare a calcetto…

Anche nella scelta dei materiali, negli interni e negli esterni, si è scelto di assecondare il d.n.a. natural dell’edificio e la sua concezione di architettura basica che si nutre più che della sua stessa essenza, di quanto riesce a far traguardare dalle sue finestre: struttura portante in calcestruzzo armato (sabbiato nelle parti lasciate a vista), rete metallica a maglia romboidale su montanti metallici come sostegno alla crescita delle essenze rampicanti, carpenteria metallica, lattonerie e porte interne in ferro zincato , serramenti in alluminio naturale, pavimentazioni in massetto di calcestruzzo quarzato a finitura industriale al piano terra e rivestimento in granuli di gomma e collanti a base poliuretanica colorato in pasta e applicato a getto continuo come pavimentazione del piano dehor e della lunga pista ciclabile………………………………………………………………
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